sabato 26 dicembre 2009

Quanto è vecchio facebook


Dato che ultimamente non si fa che parlare di faccialibro riporto questo post molto interessante per chi avrà la pazienza di leggerselo.(ndr)


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Non è la rete di tutti per tutti (Il World Wide Web) ma la rete di un’azienda che ci usa per il suo profitto

Mi sono iscritto a Facebook con grande diffidenza, certo di cadere per l’ennesima volta nella trappola della profilazione, della raccolta dati personali al limite della legalità. Dati personali preziosi, che profilati e impacchettati valgono soldi. Gente che vende le mie abitudini, i miei gusti, le mie preferenze, il tipo di persone che frequento. Cose mie, che hanno un valore perchè servono a sviluppare prodotti ritagliati addosso a me, prodotti ai quali faticherò a dire di no. Prodotti che mi hanno rubato l’anima e cercano di ripresentarmela come un oggetto smarrito al loro interno, certi che non potrò fare a meno di pagare per riappropriarmene.

Insomma, diffidavo e diffido tutt’ora delle buone intenzioni di Facebook e compagnia. Ma è ormai una mania collettiva, e dunque vengo sopraffatto dalla curiosità di provarlo.


Decido per un’iscrizione di test, una prova che quantomeno sarà utile, che mi permetterà di parlare con cognizione di causa quando vorrò parlarne male. Faccio due account: uno fittizio, con uno pseudonimo, l’altro invece è il mio profilo reale , con nome, cognome, foto, indirizzo esatto eccetera.

Partito alla scoperta del sistema, con il mio account reale il percorso è tortuoso: trovo alcuni conoscenti, ma ho problemi a definirli amici, mi sorgono dubbi sull’opportunità di chiedere l’add. E’ il caso? Se li saluto a stento quando li incontro per strada, perchè dovrei chiamarli “amici” qua sopra? Temporeggio , e intanto navigo con il mio account fittizio. Qui le cose sono più facili. Mi iscrivo a diversi gruppi, aggiungo agli amici altre identità fasulle come la mia, tra le quali “Dio onnipotente”. Grazie alla potenza del sistema e alle sue rapide interconnessioni in poco tempo ho una ventina di “amici”. Mi iscrivo a diversi gruppi, e anche da lì dentro piovono presunti “amici” : in breve tempo ho la mia lista di persone, ho creato la mia sottorete interconnessa.

Non è differente da quello che facevamo agli albori della rete: ciascuno di noi (eravamo una sorta di pionieri del web) aveva la sua paginetta personale, scritta in html da noi stessi (‘na faticaccia!) e uploadata di qua o di là, su server gratuiti o a pagamento, a costo di spaccamenti di meningi indicibili. In ogni pagina personale mettevamo una bella lista di “links consigliati”, che rimandavano alle paginette dei nostri amici, creando cosi’ sottoreti di link in link . Le comunicazioni sui nuovi aggiornamenti ce le inviavamo tramite email, o usando rudimentali software per mailing list personali.

I tempi erano lunghi, ma il risultato era lo stesso di facebook: ci tenevamo al corrente delle attività di ciascuno, e miglioravamo di giorno in giorno la nostra rete di collaborazioni e contatti e la nostra lista di link ai siti degli amici. Facebook in pratica razionalizza e rende estremamente veloce questo procedimento, che è un procedimento che fa parte della natura stessa della rete. Con due differenze:

1) Quello che si faceva in libertà appoggiandosi dove capitava, su Facebook si fa dentro un sistema che ha un padrone e un controllo verticistico.

2) Facebook fa di tutto per farti credere che tutto funzioni meglio se metti i tuoi veri dati personali e rinunci totalmente alla tua privacy.

Ma la differenza piu’ importante, quella al tempo stesso più innovativa e più preoccupante è il fatto che la tua rete di contatti su Facebook, man mano che cresce, tende a divenire una cosa sempre più fine a sè stessa. In pratica la velocità di aggiornamento e il continuo bombardamento di avvertimenti e di nuovi messaggi di “stato” dei tuoi “amici” diventa talmente ossessiva e frequente che la funzione dello strumento Facebook viene paurosamente a mancare: Il senso dello stare su Facebook diventa stare su Facebook e basta.

Ciascuno di noi, dopo aver creato la sua discretamente vasta sottorete di contatti ravvicinati e frequenti, tenderà ad adagiarvisi come dentro ad una rassicurante conchiglia protettiva. Lo strumento non sarà più un mezzo per scambiare opinioni, links, video, notizie, ecc. ma diverrà un fine, un obiettivo totalizzante.

Stare su Facebook, attorniati dai propri presunti “amici” in costante contatto, è come una carezza sottile, come una sostanza psicotropa che ci solleva dalle nostre paure e dalla nostra solitudine.


Ho dieci nuove notifiche e due nuove richieste d’amicizia! Bene, questo significa che sono ancora vivo. L’ “amcizia” non è piu’ un modo per scambiare informazioni e cultura con gli altri: è un modo di essere tra la folla che conosciamo (o che crediamo di conoscere), sentirne il brusio soffuso e il chiacchericcio e sentirci protetti dall’assenza di silenzio.

Ecco, Facebook non è comunicazione: è solo assenza di silenzio. Non è compagnia: è solo assenza di solitudine. Non è libertà: è un carcere nel quale ci chiudiamo volontariamente e supinamente, un carcere di morbido velluto che ci offre spazi soffici come batuffoli di cotone.

Ma tutto questo non ci eleva, non ci fa crescere. Al contrario, ci rende infanti insicuri che cercano compagnia, non perchè hanno bisogno di qualcuno per scambiare opinioni ed organizzare cose insieme ma perchè hanno bisogno di non pensare a niente, che è una cosa molto difficile da fare se si sta da soli e in silenzio.

Inoltre , il fatto di usare i nostri veri dati personali è affascinante, scopriamo che ci eletrizza: esistiamo perchè ci trovano e ci troviamo, ci chiede l’amicizia quel vecchio amico del liceo, ma ce la chiede anche il nostro capufficio e magari anche nostra zia o un lontano parente che non abbiamo mai sopportato.

Presto la nostra sottorete di “amicizie” sarà variegata in modo incredibile, fatta contemporaneamente e allo stesso livello da persone che mai nella vita terrena incontreremo tutte insieme contemporaneamente.

A questo punto, benchè elettrizzati da questo fantastico contatto perpetuo con gli altri, ci accorgiamo che siamo diventati persone pubbliche, che ogni cosa che facciamo su Facebook è pubblica e viene segnalata ai nostri troppi “amici”. Ci accorgiamo che dobbiamo stare attenti, che quello che scriviamo e facciamo sarà giudicato dagli altri, da tutti quelli che , un po’ presi dall’euforia inziale, abbiamo fatto entrare nel nostro mondo.

E cosi’ succede che Facebook non ha bisogno di censurarci: lo faremo da soli, perchè siamo personalità pubbliche, agganciate al locale, alla nostra rete e ai suoi giudizi.

Ci autolimitiamo perchè questo è il prezzo che Facebook ci chiede in cambio del ritrovamento di reti di conoscenze smarrite. Sappiamo meglio chi siamo, perchè sappiamo chi ci conosce, ma siamo meno noi stessi perchè abbiamo paura di esserlo, essendo continuamente sottoposti a giudizio altrui.

Va da sè, a questo punto, che la tensione è creata e si propaga dentro di noi come un virus. Stiamo su Facebook perchè ci piace il contatto, ma al tempo stesso temiamo sorprese ignote e sconvolgenti provenienti dalla nostra sottorete di contatti, poichè essi sono mescolati ed eterogenei, e questo ci crea un fondo di insicurezza.

Cosi’ torniamo a controllare gli effetti di quello che facciamo, ritorniamo su Facebook ossessivamente, vogliamo restare connessi sempre, un po’ perchè quando siamo scollegati ci manca la conchiglia protettiva di questo sfiorarsi e strusciarsi continuamente con gli altri, e un po’ perchè temiamo gli effetti delle nostre azioni sugli altri.

Per questo, e per altri motivi ancora, Facebook puo’ diventare totalizzante. La nostra vita in rete diventa vita su Facebook, ovvero la nostra Internet diventa Facebook-net.

Be’, dirà qualcuno, che c’è di male? Se preferisco bighellonare su FB invece che sul web generale, che cosa cambia? Be’, cambia, cambia eccome. Cambia perchè la comunicazione Facebook è iper-stringata, formato SMS. E’ una neolingua super-asciutta , che uccide la profondità del linguaggio e quindi, alla lunga, anche la profondità del pensiero. Ma è diverso soprattutto perchè questo sistemone, questa rete di sottoreti apparentemente aperte, e in effetti chiusa, controllata, assoggettata ad un unico padrone.

Non è la rete di tutti per tutti (Il World Wide Web) ma la rete di un’azienda che ci usa per il suo profitto. E’ la rete di un fratellone che ci guarda e ci lascia giocare benevolo, sempre a patto che noi non si faccia qualcosa che lede il suo profitto. Sempre a patto che non pretendiamo anarchia, autogoverno, libertà.

Insomma, questo facebook è un uso della rete diverso, che all’apparenza è piu’ moderno, perchè è veloce, crea sottoreti interconnesse in modo molto efficace eccetera. Eppure, è reazionario perchè antico nel concetto: riporta ciò che è globale in ambito locale (amici della tua zona, gruppi di persone che si conoscono e abitano vicine ecc.), riporta la bellezza e la bruttezza (foto reali nel profilo) ad essere discriminanti nei rapporti umani, a differenza della tradizionale incorporeità del web. Ma sopratutto trasforma la rete, ovvero ciò che è per antonomasia senza padrone in sistema governato da un padrone, da un potere centrale che decide e regola i flussi… insomma, è un passo indietro rispetto alla sostanziale anarchia del web.

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Il mio esperimento è in via di conclusione. Devo ancora decidere che fare quando l’avrò concluso. Mi sono divertito a cazzeggiare qua sopra per qualche giorno. Ho sollecitato un dibattito nelle pagine dei sostenitori di due politici che non apprezzo, ho postato con educazione e cortesia, ma i miei messaggi nelle loro “bacheche” erano profondamente critici e a volte provocatori. Non ho insultato: ho solo chiesto e preteso un confronto, perchè credo che non sia parte della natura della rete fare spazi di discussione a senso unico, forum di tifoserie compatte senza traccia di confronto aperto.

Ebbene ho suscitato sorpresa e indignazione, a volte noia, rabbia, stizza. La risposta piu’ ricorrente era “se non sei d’accordo va’ da un’altra parte”.

Alla fine mi hanno bannato dallo scrivere sulla bacheca. Poco male, se non fosse che, forse per un imprevisto tecnico, adesso mi trovo bannato dallo scrivere su tutte le bacheche dei gruppi di Fb. Adesso forse dovrei supplicare i gestori di Fb di rimediare all’errore? Mi daranno ascolto? Potrebbero anche fregarsene, poichè loro sono i padroni assoluti e io solo un utente fastidioso e polemico. Potrebbero non rispondere alle mie mail, se le mandassi. Potrebbero appunto comportarsi in modo dispotico, ne hanno facoltà perchè questa è casa loro.

Non mi va. Mi sento un suddito e non voglio esserlo. La rete mi ha abituato a superare gli ostacoli sempre e comunque, per vie dirette o per vie laterali. la rete mi ha sempre dato strade nuove e sfide che posso vincere. Qui dentro sono in prigione, lavoro per qualcuno che nemmeno mi paga e si permette di decidere quello che posso e non posso fare senza darmi alcuna spiegazione.

Ripeto: possono farlo perchè è casa loro. Appunto è casa loro e non sarà mai casa mia.

Paul Olden (pseudonimo)


FONTE: { O. D. L. }

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