giovedì 15 ottobre 2009

Il silenzio disonesto dell’Europa


L’Unione europea non condanna apertamente Silvio Berlusconi. In questo modo perde credibilità e mina la sua capacità di difendere i valori democratici, scrive l’Observer.

Nel 1967, con il senso di superiorità che contraddistingueva i britannici nel secondo dopoguerra, l’ex premier britannico Clement Attlee liquidò l’idea di un’Europa unita: “Il mercato comune di sei nazioni. Le conosciamo bene queste nazioni. La Gran Bretagna ha versato sangue e denaro per salvarne quattro dagli attacchi delle altre due”. Germania, Italia, Francia, Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo non potevano rivendicare lo stesso senso di superiorità. Ma il mercato comune prometteva la liberazione da un passato difficile.

Nel progetto comunitario gli orrori del totalitarismo sono stati sostituiti dalle convenzioni sui diritti umani e i trattati di pace. Decine di milioni di persone hanno accettato di barattare la sovranità nazionale con la libertà dalle dittature. Ma oggi questo patto non è più valido. I sistemi autoritari possono assumere varie forme: quella dominante è il capitalismo o l’oligarchia di stato, in cui il capo e i suoi alleati controllano i beni pubblici e le sinecure che ne derivano. Non sono dittature in senso stretto: i governanti tollerano le elezioni purché possano manipolarne i risultati, e tollerano le critiche purché non arrivino alle masse.

L’organizzazione European Alternatives dà una definizione dei moderni stati clientelari: “In un paese dove la tv è l’unica fonte d’informazioni per più dell’80 per cento della popolazione, il controllo sui mezzi di comunicazione non assume più la forma totalitaria del ventesimo secolo. Al giorno d’oggi, la manipolazione dei mass media può coesistere con l’esistenza di piccole ‘riserve indiane’ d’opposizione”. Gli autori di questo studio non parlano della Russia di Putin o al Venezuela di Chávez, ma dell’Italia di Silvio Berlusconi.

L’articolo 11 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea garantisce la libertà di stampa e il pluralismo dei mezzi d’informazione. Ma l’Europa sembra contenta del fatto che Berlusconi abbia il controllo diretto di tre canali tv privati, di una casa editrice, di una concessionaria di pubblicità e di una società di distribuzione cinematografica, per non parlare del controllo indiretto della tv pubblica e del denaro pubblico destinato agli investimenti pubblicitari.

Il dibattito no
L’8 ottobre i deputati socialisti del parlamento europeo hanno cercato di sollevare un dibattito sulla libertà di stampa in Italia, ma sono stati attaccati dai conservatori del Partito popolare europeo. Joseph Daul, un alleato di Nicolas Sarkozy, ha reagito con sdegno alle insinuazioni secondo cui l’Italia non è più “un paese democratico e uno stato di diritto”. I moderati erano così arrabbiati per l’insulto al buon nome di Berlusconi che hanno cercato di impedire il dibattito.

Si potrebbe obiettare che i giudici italiani, togliendo l’immunità a Berlusconi, hanno dimostrato che l’Italia è ancora una democrazia. Ma il premier italiano ha già neutralizzato la magistratura in passato. In ogni caso, anche se dovesse cadere il governo, gli italiani non si aspettano che la corruzione sistemica scompaia. Gianfranco Fini, il leader definito “postfascista”, non rinuncerà a un sistema di clientelismo e censura.

La caratteristica più significativa dei caudillos del nostro tempo è la facilità con cui mettono da parte le differenze ideologiche di facciata e si riconoscono reciprocamente come membri di una massoneria internazionale di autocrati. Berlusconi accusa i giudici di essere “comunisti”, e poi si definisce “grande amico” di Putin. Il sedicente socialista Chávez si allea con il reazionario islamista Ahmadinejad.

Quello che unisce i grandi capi del ventunesimo secolo è più importante di quello che li divide. L’Europa democratica, però, non si unirà contro di loro per difendere i suoi valori. Il silenzio su Berlusconi, vile e frutto di compromessi, mina la capacità futura dell’Ue di opporsi ai politici corrotti di ogni parte d’Europa, in particolare nelle deboli democrazie dell’est. Rende inoltre assurda ogni condanna delle violazioni dei diritti democratici oltre i suoi confini. Per la prima volta nella sua storia, la reputazione dell’Europa come forza positiva nel panorama mondiale è incerta. E presto sembrerà disonesta.-Nick Cohen, The Observer


FONTE: Internazionale

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