lunedì 21 novembre 2011

LibroForum - Il Mondo Nuovo - Aldous Huxley





RECENSIONE:

Prendiamo un essere umano e svuotiamolo del suo carattere principale: l’amore. O per meglio dire la capacità – e l’interesse – nel provare sentimenti.
Eliminiamo poi il disguido del parto, anzi, eliminiamo proprio la famiglia. Via. E via quindi mamma e papà, fanno solo danni.
Prendiamo gli embrioni e produciamoli in serie – sì, come in una catena di montaggio della Ford – poi cresciamoli in provetta, inculcandogli i giusti messaggi nel modo più semplice, con la parola: 120 ripetizioni al giorno di questo o quel messaggio dai 2 ai 5 anni; 150 dai 7 ai 9 e così via.
Cosa otteniamo? Esseri potenzialmente perfetti. Senza problemi. Che non sprecano tempo ed energie a piangere la morte di una persona cara o la rottura di un fidanzamento, invece di dedicarsi al lavoro e allo shopping; o a stare in gruppo, perché l’isolazione è un difetto.
La poligamia diventa legge, senza matrimoni o vincoli, questo è chiaro. Privo di legami l’uomo diventa libero, almeno in apparenza, di uscire con questa e quella ragazza, praticare giochi di gruppo e non essere mai triste, o quasi.
C’è un binario invisibile che vincola la loro vita, è vero, ma una volta soddisfatti i bisogni primari, a chi può importare?
Così Huxley dipinge Il nuovo mondo, un mondo “dove tutti erano felici, e nessuno era mai triste o adirato, e ciascuno apparteneva agli altri […] tutto era nitido, niente cattivi odori, niente sporcizia”.



La storia: siamo a Londra nell’anno Ford 632. Dove Ford ha sostituito Dio e non solo, ha sostituito tutto, grazie una guerra lampo a base di antrace. Così ora ogni cosa scorre tranquilla.
I massimi vertici controllano la produzione genetica in modo che ci sia un giusto equilibrio all’interno della società, con poche persone in possesso della conoscenza (detta casta alfa) e del sapere che un tempo veniva fornito dai libri, ora banditi.
Poi vengono i beta, persone che occupano ruoli di vario genere, che non si fanno però troppe domande: lavorano, escono insieme e si divertono. Insomma, una vita gaia, senza pensieri. E se per caso a qualcuno prende un momento di tristezza, appena finito l’orario di lavoro gli verrà somministrato un grammo di Soma; come le odierne droghe, ma senza sgradevoli effetti indesiderati (bisogna ricordare l’interesse dimostrato dall’autore per l’effetto degli stupefacenti, che lo porterà in tarda età a sperimentarne l’uso su se stesso).
In fondo gamma, delta ed epsilon. Le tre sotto categorie, i cui geni vengono impoveriti al fine di prevenirne uno sviluppo completo e indesiderato.
Dopo averci introdotto uno squarcio del suo nuovo mondo, Huxley mette in scena una variabile di disturbo: cosa potrebbe accadere se un estraneo, un selvaggio, venisse introdotto in questa società? Un grezzo individuo ancora legato alle vecchie abitudini, all’esistenza della famiglia, che soffre per la madre, che prova sentimenti.
Un folle incapace di comprendere la perfezione di quel sistema e ostinato nel tentativo di cambiare; combattere per contrastare l’apparente degrado morale che il regno di Ford sembra aver portato sulla terra.
L’annientamento del singolo, l’impotenza di un solo uomo contro il gruppo, questo vuole essere l’elemento cardine intorno al quale si muove la vicenda. Oltre la fantascienza, oltre i dettagli tecnici, impressionanti coi quali l’autore ci apre le porte del futuro, si trova la vita di un ragazzo diverso, troppo lontano per adeguarsi.
Parallelamente alla sua storia si affianca quella di Bernardo Marx, impiegato di livello beta insofferente della sua condizione per via di un difetto fisico che lo porta all’isolamento, al cercare rifugio dagli impegni sociali. Così Marx diventa il tipico individuo che si nasconde dietro alla propria posizione: urla davanti ai sottoposti ma poi china il capo davanti ai suoi pari, almeno finché l’incontro con il selvaggio e il nuovo ruolo di suo tutore, non gli darà un’inaspettata ma tuttavia breve fama, che metterà in risalto i tratti infantili del suo carattere.
In Bernardo si legge infatti la volubilità dell’uomo, profondamente legato all’opinione comune e incapace di trovare un vero rimedio alla sua condizione.

Guardando il racconto da un punto di vista stilistico, il testo di Huxley lascia a volte perplessi: l’interesse per la storia viene talvolta smorzato da una narrazione a tratti tediosa, che mostra il peso degli anni, ma che in alcuni momenti invece stupisce grazie a dei passaggi dal gusto quasi musicale.
Mirabile il tratto finale della storia dove si vede un incontro di straordinaria tensione narrativa quando il selvaggio incontra Mustafà Mond, uno dei dieci capi mondiali, con il quale intavolerà una discussione a base di letteratura e religione che da sola costituisce un ottimo motivo per dar fiducia a questo testo, che è stato il primo di una serie di romanzi “visionari” come 1984 e Fahrenheit 451.

Infine, al termine della lettura non si può fare a meno di porgersi un quesito di carattere etico: sarebbe veramente così male un nuovo mondo?


Recensione presa da http://www.nonapritequelportale.com
Foto presa da http://capasoblog.blogspot.com

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