venerdì 22 aprile 2011

Pino Mastrangeli alla corte di Lorenzo il Magnifico

TEMA:

Titolo: Cronaca di uno scrittore medioevale in viaggio nell'Italia del 1400, ospite alla corte di Lorenzo de Medici.
SVOLGIMENTO:

E' l'anno del signore 1481 addì 18 marzo. Sono appena scoccate le 8 del mattino, cosa che ho capito contando i rintocchi dell'orologio situato in soggiorno e contemporaneamente i rintocchi della campana del duomo nel centro comunale. Il sole è già alto da diverso tempo, ma essendo la finestra in direzione del letto completamente sigillata, il sole con i suoi caldi raggi luminosi non è riuscito nel suo intento di disturbare il mio riposo. Oggi è un giorno importante per me. E' il giorno della partenza per quel di Firenze. Sono stato convocato alla corte del signore di Firenze, il Magnifico, per esporgli il mio poema "dalla notte al giorno".
Dunque mi alzo dal letto trascinandomi ditro pieno di entusiasmo la mia lunga vestaglia. Sono davanti alla mia specchiera. Guardo ogni mio singolo lineamento in cerca di qualsiasi difetto a cui poter porre rimedio per presentarmi in maniera perfetta di fronte alla famiglia Medici. Ed eccomi qua! IO, Pino Mastrangeli da Livorno sono pronto! Non ho né moglie, né figli, e devo ammettere che in codesto momento mi manca il loro supporto. Un "sono orgogliosa di te, tesoro" oppure un "papà mi porti un regalo da firenze? Ti voglio bene!" potevano darmi una grossa spinta emotiva, un forte incoraggiamento, ma non fraintendetemi, ci sono qnche questi momenti di bisogno nella mia vita, ma di norma sono più un lupo solitario e adoro il silenzio.



Finalmente esco alla piena luce del sole e mi sgranchisco le gambe, petto in fuori e un bel respiro profondo. Indosso mi sono messo il mio abito più costoso, che di certo non sarà paragonabile ad un abito di un aristocratico, ma mi da un aspetto importante. Il parroco della chiesa in fondo alla via, sapendo del mio invito, ed essendo mio grande amico, si precipita al mio cospetto con un sorriso che irradia tranquillità. "Buongiorno Pino, finalmente il momento è giunto" mi dice. Non solo lui, ma vengono ad augurarmi buona fortuna anche la panettiera Irma, Il bettolaio Pavide e molta altra gente. Sono una persona molto alla buona e i livornesi sono contenti di poter avere uno scrittore famore provenire dalla loro cittadina. Sono anche una persona molto religiosa, ma al tempo stesso, neutra. Questo perchè non mi sono mai fatto prendere dalla politica e sono sempre stato lontano dal contesto di guelfismo e ghibellinismo. Finiti i convenevoli e i preparativi per il viaggio, salgo in groppa al mio cavallo.

Era da un pò di tempo che non viaggiavo, e quasi non mi ricordavo più di quanto fosse bello il paesaggio torscano. Un panorama davvero incantevole! Devo ringraziare il fato. Penso tra me e me, mentre scorgo la figura di una conigliera in una piana sulla collina fra due faggeti, che il fato mi ha aiutato perchè non pensavo che grazie al passaparola dei versi della mia poesia, sarebbero arrivati a riecheggiare fin dentro le mura di Firenze. Arrivato nel mezzo del mio viaggio, il buio ormai ha inghiottito l'orizzonte. Ordunque si è fatta ora di fermarsi in una osteria per trovare ristoro e per coricarsi, nella speranza di trovare un letto confortevole. E così mi fermo da "Il ghiottone". Lego bene il mio cavallo nella stalla a fianco ed entro. Oltre al bettolaio ci sono due preti e altre quattro figure che di primo scorcio non riesco ad identificare. Naturalmente i più si girano a guardarmi, tranne uno, e così decido di sedermi vicino a lui. Il bettolaio arriva e senza che possa dire nulla mi informa che loro fanno la miglior fiorentina di tutto lo stato regionale di Firenze. Mi spunta un ghigno sulla faccia, non credendo alle sue parole, ma visto che è un viaggio di felicità, decido di provare la fiorentina, chiudendo gli occhi sul prezzo che mi sarebbe costata. Dico al bettolaio che mi serve una stanza per dormire e torna subito dopo con una coperta e una chiave in ottone...pesantissima! Inizio a conversare con la figura seduta vicino a me, nel mentre che aspetto la carne, così questo signore mi racconta che è un mercante in viaggio da diversi giorni. Da Roma sta andando a Ferrara per vedere di riuscire a chiudere un buon affare. Il suo nome è Alfonso. La prima cosa che mi ha colpito subito di lui è la sua lunga barba grigia e increspata. Gli arriva praticamente all'ombelico. Inizia a raccontarmi di tutti i suoi viaggi, soprattutto di come è stata dura per lui sopravvivere alla crisi che si è portata dietro la peste nera. E pensare che avevo scelto di sedermi vicino a lui perchè mi aveva dato l'idea di essere un uomo di poche parole, invece mi riempe di aneddoti fino a tarda notte. Finita la fiorentina, che è stata realmente la migliore che ho mai mangiato, e finito il sidro, attendo l'attimo propizio tra la pausa di un racconto e l'altro e dico ad Alfonso che è arrivato il momento di andare a dormire perchè domani sarà un giorno importante per me e dovrò essere riposato. Non sono riuscito a raccontargli niente di me da quanto ha parlato lui. Non appena mi stendo sul letto, crollo fra le braccia di Morfeo e quando riapro gli occhi è già mattina.

Raccolgo le mie cose, saluto gentilmente il bettolaio e Alfonso, faccio un segno della croce di fronte ai preti e mi dirigo verso il cavallo. Anche il cavallo è come me, in buono stato di forma. Avrà sicuramente una bella recensione "Il ghiottone" in una delle mie storie future. Devo dire però, che in confronto a ieri, la giornata di oggi non offre un altrettanto spettacolo. Il cielo non è sereno, pochi e timidi raggi tentano di forare il muro fatto di nuvole in lontananza. L'unica cosa che posso sperare è che non piova. E così è! Inizio a scorgere verso il basso, a distanza, il campanile del duomo di Firenze. Se fossi un pittore in questo momento mi fermerei e inizierei a dipingere Firenze, vista da quassù, perchè è davvero meravigliosa. Il cuore inizia a battere prepotentemente sul mio petto, è difficile descrivere l'emozione che sto provando. Un connubio di fremente attesa all'evento contornato da una città e un paesaggio idilliaci. Forse è grazie a questa vista che penetra il cuore che è nata in Dante per la prima volta, l'idea di patria.

Entrato in città, posso notare subito l'incredibile differenza che c'è con Livorno. Persone ben vestite in ogni dove, rumori e chiacchiericci per le strade ben ciottolate. Tanti colori sono davanti ai miei occhi, vividi e splendenti, facendomi provare senzazioni strane. All'improvviso capito davanti ad una banca. La banca di Firenze dei de Medici. Non ne avevo mai vista una in vita mia, e non pensavo che poteva essere così caratterizzata da pittori e scultori. Stando qui di fronte, posso sentire l'aria che profuma di ricchezza. Davvero inebriante. Nel mio cervello girano vorticosamente mille pensieri, E' come se avessi già pronte almeno un centinaio di nuove poesie e racconti, grazie alle immagini che sto vedendo e all'esperienza che sto vivendo. Ed ecco che con l'aiuto di informazioni gentilmente avute da due tessitori giungo davanti all'imponente palazzo della signoria. All'entrata posso intravedere due guardie armate. Mi presento davanti a loro e gli comunico che Pino è arrivato e gli mostro la sacca in pelle in cui è custodito il mio poema. Una guardia entra nel palazzo, l'altra mi intima di aspettare qui. Dopo pochi minuti torna la prima guardia accompagnata da un signore ben vestito, con un bellissimo cappello color rosso porpora. E' proprio Lorenzo, che cono splendido sorriso mi saluta e mi stringe la mano.

"Finalmente eccola arrivato alla nostra splendida Firenze" mi dice con tono incredibilmente pacato e cordiale. Finiti i convenevoli mi fa cenno di seguirlo, che mi vuole mostrare la sua immensa collezione artistica. Il suo più grande orgoglio. Dopo qualche passo giungiamo ai giardini San Marco. Appena entrati rimango sbalordito nell'ammirare le bellissime sculture di cui il giardino è adornato. Ci soffermiamo per un istante a rimirare le sculture di Verroccio e di Sangallo. Finito di esplorare il giardino mi accompagna alla scuola d'arte creata da lui stesso poco più di 10 anni fà. Ci sono artisti che provengono da tutte le parti d'Italia e di tutti i generi. Mi racconta con estremo orgoglio di quando ci studiò, in questa scuola, un certo Michelangelo. Dopo di che, è la volta della biblioteca. Una vastissima collezione di testi e manoscritti provenienti da tutta Europa, alcuni risalenti addirittura intorno al 1200. Aquesto punto ci accingiamo a rientrare a palazzo, mentre mi racconta alcune delle sue vicende. Della terribile sorte accaduta al fratello Giuliano circa tre anni fà, rimasto vittima della congiura organizzata dalla famiglia Pazzi, poi del suo incredibile viaggio coraggioso alla volta di Napoli per incontrare di persona Ferdinando I e convincerlo a rompere l'alleanza con Papa Sisto IV e Girolamo Riario signore di Forlì. Il suo modo di raccontare le storie accadutegli è pressochè fantastico, riesce ad immergere completamente l'ascoltatore nel racconto. Giunti a palazzo, decide di farmi vedere i dipinti celebri di Pallaiolo, Filippino Lippi e Botticelli. Per un attimo rimango immobile e sgomento e a bocca aperta, poi mi ridesto dai meandri in cui ero finito e mi appresto a seguire Lorenzo a corte.

Finalmente, giunti a corte, il mio assume una espressione di incredulità nel vedere quante persone mi attendono. Appena entrato, scorgo subito la figura del gonfaloniere di giustizia, subito dopo di lui ci sono i priori, e dopo ancora ci sono le corporazioni delle arti maggiori, per non parlare delle dame di corte con i loro vestiti affascinanti. In fondo alla sala si possono intravedere la moglie e i figli di Lorenzo de Medici. Tutti mi sorridono e mi stringono la mano. Si sente un gran vocio e Lorenzo, con un solo cenno di mano lo fa cessare. Viene verso di me e mi suggerisce di dirigermi al centro della della sala in modo che tutti mi possano sentire bene. Il momento è arrivato. Un musicante si avvicina e mi chiede cosa è più congeniale come accompagnamento. Il cuore batte dei colpi possenti nel petto per via della grande emozione. E' ora di declamare la mia poesia.

"........................................................................................"

Per un attimo nessuno sembra voler rompere il silenzio, ma all'improvviso l'intera sala scoppia in uno scroscio di applausi. Tutti si complimentano con me. Non riesco a trattenere le lacrime, la poesia è piaciuta talmente tanto che Lorenzo viene da me e mi dice: "Da oggi tu non sarai più Pino Mastrangeli da Livorno, ma sarai Pino il Sommo". Subito dopo, suona una dolce campana che si trova nella corte. E' l'ora del banchetto serale. Lorenzo mi invita a sedermi al suo fianco per cenare. Tra una rima e qualche sghignazzo, arrivano un oceano di pietanze di ogni genere, soprattutto carne. All'interno degli schiamazzi gioviali si sentono i rumori dei brindisi fatti con calici di vino. A metà della cena, con la tavola completamente imbandita, Lorenzo si alza in piedi e dice di fermare per un istante il vorace appetito e di riempire fino all'orlo i calici di vino. Il motivo è che vuole declamare una sua poesia e nel mentre che gli ultimi ospiti finiscono di riempire il calice, Lorenzo avvicina a sé un musicante e gli sussurra all'orecchio qualcosa. Subito dopo parte una musica lieta di accompagnamento. Lorenzo sorseggia e si schiarisce la gola e nel silenzio più totale e surreale inizia:


*** "Quant'è bella giovinezza,
che si fugge tuttavia!
Chi vuol essere lieto, sia:
Del doman non c'è certezza.
..........................................
......................................"



Subito dopo l'ultima sillaba di Lorenzo, per un attimo riappare il silenzio, poi esso alza il calice sopra la testa e tutti brindano insieme a lui, acclamandolo con orgoglio e fierezza, felici di aver un così tal signore la città di Firenze. E' una esperienza che non dimenticherò mai, come sicuramente non incontrerò mai più un uomo come Lorenzo il Magnifico.

*** "Testo tratto dai "Canti carnascialeschi" scritto realmente da Lorenzo de Medici, si presume in data 1490 circa, ma non c'è certezza. Il brano in questione è intitolato "La canzona di bacco".

Scritto da Mirko Fantini

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